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venerdì 17 febbraio 2012

RIDATECI IL DOPOFESTIVAL! (provocazione)

Ridateci il Dopofestival! E già, perché il Dopofestival non esiste più, si sa, da ben quattro anni (l'edizione conclusiva coincise con l'ultimo Sanremo targato Baudo, nel 2008), nonostante qualcuno, in questi giorni, abbia tentato di "spacciare" come tale lo "speciale Sottovoce" che Gigi Marzullo sta quotidianamente conducendo a notte inoltrata su Rai 1, dedicandolo proprio alla kermesse rivierasca. Siamo su due pianeti distanti anni luce, diciamolo subito. E intendiamoci, qui non si vuole fare una riflessione sulla qualità intrinseca delle due trasmissioni. Personalmente, da anni auspico una tv che metta da parte i pollai trash in cui tutti urlano e alla fine non si capisce alcunché, in favore di più talk show in cui si possa ragionare e confrontarsi civilmente. 
SOTTOVOCE - Per questo motivo, trasmissioni come quella di Marzullo dovrebbero incontrare il mio gradimento. L'ho un po' seguita, in differita, grazie al servizio Internet Rai Replay, e, per carità, non tutto è da buttare. Certo non manca la pacatezza, ma chi segue anche solo marginalmente da un po' di anni il popolare giornalista non può esserne sorpreso. Quello che manca è un dibattito sì tranquillo, ma ricco di contenuti, di scambi di vedute, di pareri non convenzionali, cosa che fra l'altro sarebbe pure possibile andando in onda a orari da insonni e senza l'obbligo del conformismo che permea tanta televisione diurna. E la scelta di alcuni ospiti raramente o mai sfruttati da altre trasmissioni, penso al mitico Nico Fidenco, potrebbe essere propedeutica a uno sviluppo del genere. Invece, niente: solite opinioni trite e ritrite, standardizzate, fotocopiate e mandate a memoria di default, come le dichiarazioni dei calciatori prima e dopo le partite: si spazia da "Sanremo oggi non è più rappresentativo dell'attuale realtà musicale italiana" a "non so se le canzoni di questa edizione si ricorderanno fra qualche mese", da "ai miei tempi si vendevano milioni di dischi" a "i brani di quest'anno non mi hanno emozionato". La fantasia al potere, insomma. Da salvare, una maggiore attenzione all'analisi dell'aspetto prettamente musicale della rassegna (grazie ad esperti veri come Gian Maurizio Foderaro), con chicche come l'intervista a Bruno Santori, direttore artistico della Sanremo Festival Orchestra. 
IL VERO "DIBATTITO" - Ma il Dopofestival autentico, lo ripeto, era un'altra cosa. La nostalgia non è tanto per il format, ma per l'istituzione. Sì, perché quella trasmissione spesso scombiccherata, caotica, con scalette aleatorie e variabili, era diventata un must autentico, faceva ormai parte del sistema Festival, ne era stata eletta  "sfogatoio" ufficiale, per cantanti delusi e giornalisti inaciditi dal tempo ma pur sempre alla ricerca del quarto d'ora annuale di popolarità da piccolo schermo. Gli artisti impegnati nella gara inizialmente non vi partecipavano volentieri, proprio perché sapevano che sarebbero finiti nel mirino di critici spesso ansiosi solo di sparare a zero a prescindere. Col tempo le nostre "ugole d'oro" si erano ammorbidite, avendo forse imparato una lezione elementare ma preziosa: firma prestigiosa o meno, quelle dei rappresentanti della stampa erano solo opinioni e nulla più, non inappellabili giudizi di Dio. 
Così, al termine di ogni serata festivaliera (finale esclusa) andava in scena il consueto teatrino, sopra descritto per sommi capi. Negli anni cambiavano i presentatori (e i nomi erano spesso di grido, da Mara Venier a Serena Dandini a Piero Chiambretti) e, meno frequentemente, il format, e spesso l'efficacia ne risentiva. Si ricorda ad esempio una edizione invero assai fiacca guidata da Bruno Vespa nel '97, con i ritmi non certo stuzzicanti del suo "Porta a porta"; l'ultima andata in scena, nel 2008, è stata invece fra le meglio costruite, originali e frizzanti, grazie alla presenza di Elio e le storie tese e della rivelazione Lucilla Agosti. Eppure, proprio in quest'ultima circostanza si sviluppò uno dei momenti più trash dell'intera storia del programma, la rissa sfiorata fra Zampaglione dei Tiromancino e Frankie Hi Energy. 
Essendo il Dopofestival, dopo un paio di tumultuose sperimentazioni nell'87 e nell'88, andato a pieno regime negli anni Novanta, chiaro che Pippo Baudo, ai tempi e anche successivamente deus ex machina della manifestazione, ne sia stato il principale animatore, anche se quasi mai, mi pare, ne figurò come conduttore vero e proprio. Nel periodo del suo personale "apogeo", a metà del decennio, se ne videro delle belle, e nel '96 il Pippo nazionale strabordò letteralmente, fra vivaci polemiche coi giornalisti e attacchi a telespettatori (sì, c'erano anche le telefonate da casa) che cercavano sommessamente di avanzare qualche critica sulle canzoni da lui scelte per la competizione. Questo per dire che spesso si finiva in caciara, non si riusciva quasi mai a operare approfondimenti di carattere tecnico e artistico e forse non importava nemmeno, ciò che contava era fare colore e creare movimento e attenzione attorno a un evento sempre più mediatico e sempre meno musicale (purtroppo). Però un abbozzo di dibattito si creava, e difficilmente si raggiungevano abissi da Processo del Lunedì. Ci si divertiva e ci si infervorava anche da casa (quando si riusciva a rimanere alzati) schierandosi quasi sempre a favore dei cantanti e contro i critici (le stesse facce da mezzo secolo), i quali tra l'altro spesso, non per dire, avevano torto: ricordo Fabrizio Moro massacrato per la canzone presentata al suo debutto tra i Big ("Eppure mi hai cambiato la vita", a me graditissima), e poi arrivata terza e gratificata di un buon successo dopo Sanremo (tiè). E che dire della rassegna stampa di Gianni Ippoliti, negli anni sempre molto simile a se stessa e che, però, un sorriso riusciva sempre a strapparcelo? 
Insomma, il Dopofestival non era propriamente un esempio di bon ton televisivo e di trasmissione rigorosa ed elegante, ma rispetto a ciò che si vede oggi era una boccata d'aria pura (o quasi), roba da educande. Un "defatigante" dopo lo "stress da spettatore" accumulato nella lunghe serate canzonettistiche. Per cui, lo ripeto e lo grido a gran voce: ridateci (anzi, arridatece) il Dopofestival!
A seguire, uno spezzone tratto dal Dopofestival 1994.


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