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martedì 25 giugno 2013

LE MIE RECENSIONI: "NIENTE PUO' FERMARCI"


Siamo ormai entrati nella stagione della canicola, brodo di coltura ideale per il cinema "giovanilistico". Ecco dunque, servita fresca fresca, "Niente può fermarci", commedia pop adolescenziale leggera ma non troppo. Guai, però, a fermarsi alle apparenze: non siamo di fronte alla solita, trita e ritrita storia di un gruppo di ragazzini un po' imbranati alle porte della loro prima estate "da maturi", con tutte le problematiche (indipendenza dai genitori, approcci con le ragazze, eccetera eccetera) ampiamente sviscerate da miriadi di italici film fin dalla notte dei tempi. In realtà, questa pellicola ha una scorza un tantino più consistente, e il tentativo di offrire una chiave di lettura meno scontata per questa delicata fase di passaggio all'età adulta (o quasi) della vita di ogni uomo. 
Il fatto è che, ebbene sì, esistono anche dei giovani con problemi di salute che ne minano le dinamiche relazionali. I quattro protagonisti della pellicola diretta da Luigi Cecinelli, nella fattispecie, sonno tutti affetti da disturbi di natura psicotica. Niente di tragico, ma di invalidante sì, eccome: narcolessia (Mattia), fobia dello sporco e conseguente ossessione per la pulizia (Leonardo), saturazione da uso di Internet (Augusto) e sindrome di Tourette (Guglielmo), che personalmente non conoscevo e che sul sito www.tourette.it viene così descritta: "I sintomi includono movimenti involontari, sopprimibili transitoriamente dalla volontà, che variano nel tempo per intensità e caratteristiche, e produzione di suoni in forma svariata. Alcune persone colpite da tale malattia, che si presenta alla pubertà, possono pronunciare parole oscene, bestemmie, ecc., involontariamente". Questi sfortunati giovani si ritrovano ospiti di una bizzarra clinica, per un ricovero che dovrebbe aiutarli a superare i loro guai e che in realtà non risolve proprio nulla, visto che per Mattia, Augusto e Leonardo, oltretutto, non si tratta della prima degenza e, nonostante ciò, i disturbi paiono ben lungi dallo scomparire. Vista l'acclarata inutilità della permanenza in quel luogo, i quattro decidono di darsi la classica "botta di vita":  fuggire per inseguire una delle "terre promesse" dei giovanissimi, Ibiza, dove cercare di trascorrere una vacanza "normale", con gli svaghi, le esperienze, le "pazzie" e le emozioni che vivono buona parte dei loro coetanei e che loro ancora non hanno potuto sperimentare. 
Argomento, dunque, non banale, e da maneggiare con estrema delicatezza: Cecinelli tutto sommato ci riesce, sdrammatizzando con misura senza valicare i confini del buon gusto e del rispetto. Si sorride quando i tic e le manie dei giovanotti presentano risvolti oggettivamente divertenti, ma in linea di massima non c'è una messa in ridicolo dei loro problemi, se è vero che il viaggio e poi la permanenza a Ibiza assumono anche i contorni di una autentica terapia di gruppo, un percorso, irto di ostacoli ma tutto sommato appagante, verso il superamento, parziale o totale, di tali handicap. 
Che poi tale "guarigione" debba avvenire giocoforza attraverso una serata ultra - scatenata in discoteca nell'isola degli eccessi per eccellenza, e naturalmente con i primi approcci sessuali, è magari una forzatura funzionale allo sviluppo delle sceneggiatura; più in generale, il messaggio parrebbe il seguente: occorre liberare le emozioni positive che, tenute nascoste e represse dentro, rischiano poi di produrre personalità incomplete, problematiche, complessate. E' evidente come non basti tutto ciò per cancellare  problemi che rappresentano, invece, patologie autentiche, e sotto questo aspetto il film risolve una questione spinosissima, di carattere prettamente clinico, in maniera fin troppo semplicistica, ma forse è stato giusto non avventurarsi troppo su strade "mediche" che sarebbero apparse stonate in un contesto comunque fondamentalmente gioioso e di evasione. Certo, qua e là un tentativo di approfondimento tecnico si ravvisa: si sottolinea il fatto, ad esempio, che la fobia dello sporco che affligge il bel Leonardo mette radici in una mamma corresponsabile, se è vero che costei alimenta le manie del figlio riempiendolo di confezioni di gel disinfettanti per mani. Ma l'analisi si ferma qui, e, lo ripetiamo, in fondo non è troppo sbagliato. 
La mamma sopra citata è interpretata da Serena Autieri. E già, perché se i protagonisti sono i quattro ragazzi interpretati dai giovanissimi Emanuele Propizio, Federico Costantini, Vincenzo Alfieri e Guglielmo Amendola, dietro di loro c'è un "parterre de roi" formato dalla bellissima napoletana e da Massimo Ghini, Gianmarco Tognazzi, Paolo Calabresi (i genitori dei quattro), e ancora Eva Riccobono, Carolina Crescentini, Lucia Ocone e, persino, Gérard Dépardieu. Coprotagonisti ma non comparse, in quanto tutti i loro personaggi sono sviluppati in maniera corposa e, pur nell'ambito di un minutaggio contingentato, assumono un ruolo tutt'altro che marginale nell'evoluzione della storia: stanno sullo sfondo, lasciano la scena principale ai giovani, ma portano comunque un arricchimento al canovaccio. Un cenno particolare per la Ocone, figura emblematica della clinica da cui tutto inizia: clinica che è una sorta di parodia di quella in cui uno dei primi Fantozzi si ritrovò nel vano tentativo di dimagrire, prima di fiondarsi sulle mitiche polpettine. Anche qui, come nella commedia cult di Villaggio, medici "nazisti", e in più la brava Lucia assetata di sesso, spesso sorpresa in abiti e atteggiamenti provocanti.
In definitiva, un "giovanilistico" (ma potremmo anche definirlo... acquatico, visto il numero delle volte in cui i protagonisti si ritrovano immersi in piscine o acque marine...) ben elaborato ma abile nel "fermarsi" un attimo prima di diventare troppo pretenzioso. E con quattro giovani attori che promettono bene: Propizio e Alfieri brillano soprattutto per l'espressività, Costantini e Amendola per il fascino estetico, comunque ben sorretto dalle doti recitative. 

2 commenti:

  1. mi hai convinto, credo che darò una chance... è sempre bello vedere all'opera giovani registi e attori in erba.. il tema pare anche poco convenzionale, almeno nella scelta (coraggiosa) di mettere in scena malattie reali che la gente magari non conosce.

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    1. Credo possa piacerti, sia come genere (commedia all'italiana) che mi pare tu solitamente apprezzi, sia per le tematiche affrontate che di certo ti trovano particolarmente sensibile. Se ti capita di darci un occhio, fammi sapere.

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