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lunedì 1 luglio 2013

CONFEDERATIONS CUP: IL BRASILE E' GIA' UNA SQUADRA DA MONDIALE

                                   Neymar, protagonista assoluto della Confederations

Il Brasile si è tenuto l'abito buono per la recita più importante. Come la Spagna di Euro 2012, che arrivò all'atto conclusivo della kermesse quasi camminando, per poi deflagrare proprio a Kiev contro gli stremati azzurri, la Seleçao ha trovato la quadratura del cerchio solo sulla dirittura d'arrivo di questa tormentata (per motivi extrasportivi) Confederations Cup 2013. Quella che ha schiantato le Furie Rosse, completando il... lavoro ai fianchi operato dall'Italia di Prandelli, è una squadra diventata finalmente adulta, e che ha ora in sé le stimmate della grande favorita della Coppa del Mondo prossima ventura. 
UNA SQUADRA DA... MONDIALE - Ho scritto più volte, nei giorni scorsi, di Brasile buono ma non trascendentale, soprattutto in riferimento alla qualità del football proposto. Un undici che stava costruendo le sue fortune su una difesa scolpita nel granito eppure manovriera assai, tanto da prevalere, in fase di costruzione del gioco, su di un centrocampo assai povero di genio e di inventiva; quanto all'attacco, bastava che Neymar accendesse la luce del suo fiammeggiante talento per far saltare il banco, con accecanti prodezze individuali o con movenze, intuizioni, giocate in appoggio ai compagni di reparto. Così è stato, fino alla semifinale, ma al Maracanà, al cospetto degli iberici pluridecorati, si è visto un Brasile diverso: una "squadra" con tutti i crismi, per l'appunto. Un Brasile dinamico, dal palleggio agile ed essenziale, capace di travolgere, con avanzate in rapidità, prima il centrocampo del tiki taka e poi una terza linea solitamente impermeabile nelle competizioni ufficiali (due gol subiti al Mondiale 2010, uno all'Europeo dell'anno scorso, uno in Confederations prima di questa notte). Una compagine corta, compatta, che si difendeva in blocco ma poi sapeva scatenarsi in avanti con controffensive imbastite a velocità vertiginosa, senza che ciò andasse a scapito della precisione. Scolari ha costruito, in pochi mesi, una formazione che non sarà la quintessenza della spettacolarità, ma che nelle serate di vena, come quella che ha chiuso questo torneo, sa comunque esprimere un calcio gradevole, abbinandolo a una spietata efficacia. 
SENZA STORIA - Non è, lo giuro, per togliersi qualche sassolino dalla scarpa rispetto a dodici mesi fa, ma l'equilibrio delle forze in campo a Rio non è stato tanto diverso rispetto alla famigerata finale europea fra Spagna - Italia, eterno e ingiusto metro di misurazione dei limiti dell'Azzurra di Prandelli. Fred e compagni, ieri sera, potevano vincere con uno scarto anche maggiore, e dopo nemmeno un quarto di gara sarebbero potuti essere sul 3 a 0, se Oscar non avesse sfiorato il palo di destro e se Fred non avesse sciaguratamente calciato addosso a Casillas in uscita disperata. Poi, è vero, prima del raddoppio di Neymar David Luiz, straordinario giocatore universale, difensore di rara efficacia e abile costruttore di gioco, ha letteralmente tolto dalla porta il pallone del pari calciato da Pedro, ma rientra nella logica che una grande squadra, anche nella sua versione più dimessa, ogni tanto si accenda e rischi di fare l'immeritato colpaccio con l'unico guizzo degno di nota in novanta minuti. 
DECLINO IBERICO? FORSE SI', MA... - Non è accaduto, ed è stato giusto così, anche se ora non è il caso di farsi soverchie illusioni sulla fine del ciclo spagnolo. E tuttavia, attenzione... La Confederations non è né il Mondiale né l'Europeo, d'accordo, ma non se ne possono nemmeno minimizzare gli esiti: questa Seleccion, tre giorni prima, aveva rischiato seriamente la ghirba anche contro un'Italia in emergenza fisica e di uomini, e priva del suo più micidiale terminale offensivo. E' pur vero che dietro i colossi di ieri e di oggi premono gli Isco e gli Alcantara, ma occhio: non è scontato che le stelle del calcio giovanile possano essere trapiantate con efficacia immediata nel tessuto di una Nazionale adulta reduce, oltretutto, da un ciclo leggendario, quindi con equilibri e dinamiche interne consolidate e delicatissime; e, anche se fosse, attorno ai ragazzi che fioriscono ci sarebbero gli "anziani", o i meno giovani, che cominciano a declinare. Voglio dire che questa Spagna è ormai bloccata da anni sul medesimo gruppo storico, con poche new entry periodiche: il giorno che il calo diventasse acclarato, confermando i verdetti di queste ultime gare, occorrerebbe rifondare la squadra, non basterebbe modificarla con pochi innesti, sia pure di qualità sopraffina. E le rifondazioni si compiono con grande dispendio di tempo, e passando anche attraverso delusioni ed amarezze. 

1 commento:

  1. Ieri il Brasile è stato semplicemente eccezionale, scientifico, se poi David Luiz (che a me è sempre piaciuto, ma oggi per la prima volta posso dirlo ad alta voce) toglie le castagne dal fuoco in quel modo...
    Certo è che il fattore campo (con tutti gli annessi e connessi: tifosi, clima, furti e contestazioni) rischia di diventare importante nel 2014.

    La Spagna... su quello sappiamo entrambi che sono un fautore dei giovani promettenti, ma è giustissimo dire che raccogliere l'eredità, quell'eredità, potrebbe essere complicato... ne discutemmo anche sul mio blog.

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