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martedì 16 luglio 2013

STUDIO 5: E QUESTA SAREBBE LA CELEBRAZIONE DELLA STORIA DEL "BISCIONE"?


Analisi di "Studio 5", ovvero di una trasmissione "sbagliata" e approssimativa fin dalla sua mission. A leggere le varie schede di presentazione disseminate per il web, la confusione è grande sotto il cielo: questa sorta di show salottiero dovrebbe aver lo scopo di celebrare i 30 anni di Canale 5. O forse i 35, a sentire qualche altra campana. Boh, non ci risulta che l'ammiraglia Mediaset sia nata nel 1983, né tantomeno nel 1978. Non è un dettaglio per pedanti nozionisti della storia della tv: l'imprecisione e la superficialità persino nel chiarire le finalità di un programma non sono un buon punto di partenza, e lo... svolgimento del tema è in linea con le premesse. Del resto non c'è di che stupirsi: questo "Studio 5" è lo specchio fedele della profonda decadenza che sta attraversando in questi "anni Dieci" il palinsesto dell'emittente del "Biscione" (il logo originario della rete, lo ricordate?): un vuoto di idee che rattrista, se paragonato proprio all'epoca d'oro di Canale 5 che qui si vorrebbe festeggiare e rievocare, gli anni Ottanta del (meritato) boom catodico berlusconiano, delle Premiatissime e dei Dallas, dei Superflash e dei Grand Hotel. Vuoto di idee che traspare, perfino, dal titolo scelto per questo discutibile progetto estivo, visto che "Studio 5" è già esistito, andò in onda nella seconda metà degli eighties, era un contenitore di informazione e intrattenimento: nemmeno lo sforzo di concepire un marchio inedito... 
Fa rabbia quando la povertà di una trasmissione viene mascherata da annunci altisonanti: a "Studio 5", la storia di Canale 5 è solo un pallido pretesto per alimentare il solito teatrino di Alfonso Signorini, personaggio fra i più sopravvalutati fra i tanti partoriti negli ultimi anni dallo show business italiano (nonché direttore di uno dei più brutti "TV Sorrisi e Canzoni" che la mia memoria ricordi...), portabandiera del gossip sfrenato che ha occupato quasi militarmente i palinsesti della nostra tv generalista, come se fosse diventato un genere informativo fondamentale e irrinunciabile, altro che la Gabanelli e il giornalismo d'inchiesta. Laddove, in passato, i pomeriggi del piccolo schermo erano affollati da "Tv dei ragazzi", "Non è mai troppo tardi" e altri spazi divulgativi, nel tentativo di innalzare almeno un poco il livello culturale degli italiani, oggi si trascorrono ore a parlare di amorini e amorazzi (veri o presunti) di divi e divetti, oppure di delitti efferati consumati nelle più sperdute lande del Paese.
Ma torniamo a bomba. Ecco dunque Signorini sfruculiare i suoi ospiti in un contesto che non ha molto di diverso da un qualsiasi "Pomeriggio Cinque" o dal mai rimpianto "Kalispéra" del medesimo Alfonso. Ospiti il cui legame con la grande storia di Canale 5 francamente ci sfugge, come la pur brava Sabrina Ferilli; oppure ospiti "prezzemolini" come Maria De Filippi, che invece un ruolo preminente nella storia del canale lo ha avuto eccome, ma che (come l'inevitabile Belen Rodriguez che pare debba comparire in una delle prossime puntate) è pur sempre perfettamente organica al "mondo" prediletto dal conduttore, fatto di feuilleton rosa e di storie un po' maliziose e un po' strappalacrime in stile "C'è posta per te", passando per la presenza debordante dei talent che sembrano essere diventati una tassa fissa da pagare: ecco quindi, anche qui, sfilare a più riprese davanti alle telecamere l'immancabile Moreno Donadoni con la sua ultima hit, proposta ormai ovunque e in tutte le salse. Ma a me, spettatore che si attende un bel tuffo nella nostalgia catodica, del "mondo" di Alfonso, delle sue pur legittime predilezioni artistiche, giornalistiche e televisive, importa ben poco: se è giusto mettere un po' di se stessi in ogni trasmissione che si fa, non lo è piegare totalmente tali trasmissioni alla propria personalità, soprattutto per un progetto che dovrebbe avere un certo rigore documentaristico. 
E la storia di Canale 5? Ridotta a pochi filmati in quasi tre ore di trasmissione (piacevole, comunque, rivedere il debutto assoluto della stessa De Filippi o la prima volta di Rita Dalla Chiesa a "Forum"), nonché a un saccheggio imponente dell'archivio di "Scherzi a parte" (ma mostrare gli ospiti del programma ai tempi in cui caddero vittime di quei discutibili lazzi è davvero così rappresentativo del loro percorso professionale in quel di Mediaset?) e soprattutto a brevi spezzoni di sigle storiche utilizzate per introdurre i vari contributi video. Francamente davvero pochino. La storia come pretesto, si diceva; una foglia di fico a coprire l'inadeguatezza dell'ennesima trasmissione fondata sul chiacchiericcio fine a se stesso. 
Nel 1990, Canale 5 celebrò un anniversario importante e vero, il suo decimo compleanno, con uno show dignitosissimo e rigoroso, la cui conduzione venne affidata ai volti storici di quel primo, felice e irripetibile decennio, da Corrado a Vianello a Mike Bongiorno. Perché al giorno d'oggi è diventato un obbligo "contaminare" ogni esperimento televisivo con i format più in voga del momento, anche se questi non c'entrano alcunché con la mission dichiarata? In parole povere, e lo ripetiamo: che c'azzeccano Moreno, Belen, il gossip e... Signorini con i trent'anni (o giù di lì...) di Canale 5?  Meglio allora il buon Paolo Piccioli che, con assoluta discrezione, da tempo immemore lavora su Rete 4 a "Ieri e oggi in tv", mostrandoci davvero la storia di Canale 5 e delle reti Mediaset nella maniera più lineare, senza fronzoli: semplicemente, riproponendo nottetempo, più o meno integralmente, le trasmissioni di quegli anni. E' questo il vero rispetto per la Storia, che può essere con la "S" maiuscola anche quando riguarda un universo effimero come quello del piccolo schermo. 

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