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venerdì 16 agosto 2013

ITALIA - ARGENTINA, OVVERO UN'OCCASIONE SPRECATA

                                         De Rossi: meglio nel mezzo che in difesa

E' consentito un pizzico di (innocua) cattiveria nel mare di buonismo che ha avvolto i giorni di Italia - Argentina? Ecco, lasciatemelo dire: la settimana azzurra così com'è stata concepita, all'insegna di celebrazioni, udienze e benedizioni papali, ulivi piantati nel bel mezzo del prato dell'Olimpico e quant'altro, non ha rappresentato il modo migliore di approcciarsi a un test potenzialmente probante come quello contro la Selecciòn di Sabella. Del resto era prevedibile: i più "anziani" ricorderanno l'amichevole con la Svizzera dell'ottobre 1982, sempre  a Roma, pochi mesi dopo il trionfo Mundial. Anche all'epoca, nei giorni precedenti, grandi feste, la visita al Quirinale per il saluto di Pertini, premiazioni, medaglie: poi, al momento di scendere in campo, squadra svuotata e fuori fase, con la testa altrove perché fino a quel momento a tutto aveva pensato fuorché all'impegno agonistico, e puntuale figuraccia, ossia sconfitta interna alla prima uscita dopo l'impresa spagnola. 
Siamo dunque davanti all'ennesima occasione persa: si affrontava una delle rappresentative più competitive del momento (fanno testo la classifica Fifa, la qualificazione mondiale quasi raggiunta e il tasso di classe elevatissimo), opportunità unica per crescere, acquisire personalità internazionale, sperimentare uomini nuovi e alternative tattiche. Ma non c'erano la testa, la concentrazione necessarie, lo spirito per fare tutto questo, o almeno provarci: inevitabile, quando a una partita vengono attribuiti significati extracalcistici così profondi (ed encomiabili, per carità), tali da far passare in secondo piano, se non annullare, il contenuto tecnico della sfida. 
COME IL GIUBILEO DEL 2000 - Chiariamo: nulla di male (anzi) nel desiderio di omaggiare il nuovo, acclamatissimo Pontefice, abbinando all'occasione un colossale spot per la fratellanza e per una interpretazione più umana e meno affaristica dello sport professionistico; ma se lo scopo era questo, sarebbe bastato allestire un match - esibizione come quello dell'ottobre 2000, in occasione del Giubileo, fra la Nazionale di Trapattoni e una All Stars di stranieri del nostro campionato: un incontro a carattere accademico, dal tasso agonistico pressoché nullo e senza uno straccio di emozione, senza falli e senza palle gol. Se invece si mette in calendario, ad aprire la stagione che condurrà alla Coppa del Mondo, un'amichevole di tale spessore, è delittuoso non sfruttarla adeguatamente. Liquidiamo subito il discorso relativo alla preparazione ancora approssimativa dei nostri: valeva anche per i biancocelesti, che sono invece parsi di un altro pianeta. Ma il divario di valori fra Italia e Argentina non è quello visto all'Olimpico romano, anzi, azzardo e dico che al momento attuale il divario non esiste proprio, i sudamericani non sono più forti degli italiani, lo testimoniano il rendimento medio e i risultati colti dall'Azzurra negli anni di gestione prandelliana. 
LO SPIRITO DI DUE ANNI FA - Più che altro, mercoledì scorso è balzata agli occhi la differenza con un'altra amichevole ferragostana, quella con la Spagna a Bari, due anni fa. Una splendida prestazione di Montolivo e compagni, coronata da un meritato e prestigioso successo. Si respirava un'aria inebriante, attorno a quella Nazionale: l'aria frizzante e vitale che accompagna le giovani squadre in sboccio, protese al raggiungimento di traguardi importanti. Era un'Italia che stava diventando grande, dopo gli impacci delle prime uscite ufficiali post Sudafrica, che stava acquisendo uno status internazionale di tutto rispetto, che ai risultati aveva imparato ad abbinare un gioco di buona qualità e uno spirito sbarazzino nell'affrontare anche gli impegni più duri. A dimostrazione del fatto che certe amichevoli non sono inattendibili, se affrontate con l'atteggiamento giusto, gli incoraggianti segnali emersi in quella notte pugliese vennero poi confermati nelle sfide ufficiali, in un crescendo che portò la nostra selezione a uno splendido e inatteso secondo posto a Euro 2012. 
Oggi, due anni dopo, quel clima di fiducia e di speranza, quella tensione al miglioramento continuo, non si percepiscono più, o comunque sono molto annacquati. Spiace dirlo, ma le sensazioni trasmesse dall'incontro di due giorni fa sono le stesse lasciate da buona parte delle sfide azzurre della stagione post Europei: la Nazionale, una volta riconquistato un buono standard di prestigio mondiale, pare essersi fermata, non riesce a compiere l'ultimo passo verso l'acquisizione di una dimensione da "grande squadra". Vivacchia, certo più che dignitosamente, sui livelli faticosamente raggiunti nel. primo biennio, e da lì non sembra più in grado di spostarsi. Lo testimonia il fatto che da un anno denunciamo gli stessi limiti, le stesse défaillance di una compagine che non ha ancora trovato una inquadratura tattica stabile, che continua a concedere troppo in difesa e che in avanti non riesce a concretizzare in proporzione alla mole di gioco creata, mancando drammaticamente di killer instinct, soprattutto al cospetto dei colossi del football planetario. E ciò fa rabbia, perché il gruppo di Prandelli ha dimostrato, anche dopo Kiev, che i mezzi tecnici e mentali per compiere il definitivo salto di qualità li avrebbe eccome, basti pensare  alle prestazioni di marzo contro il Brasile e di giugno in Confederations con la Spagna. Per tutto il resto, la stagione 2012/13 ha regalato un tran tran accettabile (le sfide mondiali contro Armenia e Danimarca, l'esordio brasiliano contro il Messico) e tanti, troppi appuntamenti che hanno fatto arrossire, pur venendo confortati da risultati positivi (i due incontri con Malta, quello in Repubblica Ceca, la fortunosa affermazione sul Giappone...). 

                                            Osvaldo: molto fumo e poco arrosto

IL TEMPO STRINGE - Il gala con l'Argentina non ha fatto altro che inserirsi in questo trend piatto e inquietante. Sì, inquietante, perché il piccolo cabotaggio di cui sopra potrebbe anche bastare nel settembre di fuoco che attende i nostri, ma non ci giureremmo fino in fondo: la qualificazione  a Brasile 2014 è ancora da conquistare, e Bulgaria e Repubblica Ceca ci han già fatto soffrire nei match di andata. Ma anche ammesso che si riuscisse a "scollinare" con successo questo duplice impegno (e io credo di sì, a scanso di equivoci), dopo ci vorrà qualcosa di più, e il tempo per limare i limiti congeniti di questa nostra rappresentativa, bella ma a volte un po' troppo leggerina, comincia ad assottigliarsi. Ecco perché, e ritorniamo al punto di partenza, appuntamenti di sostanza come quello dell'Olimpico si dovrebbero ben altrimenti sfruttare, al di là del loro significato simbolico. 
I DUBBI SU DE ROSSI E VERRATTI - Peccato, perché gli spunti di interesse non mancavano, in primis il ricorso a De Rossi come centrale in una difesa a quattro e le chiavi del centrocampo di fatto consegnate a Verratti. Gli esiti non sono stati esaltanti: il romanista ha offerto buoni spunti individuali, ma il rendimento collettivo del reparto non è parso affatto beneficiare della sua presenza, anzi. Il buon Daniele può tornare utile, in posizione arretrata, solo come perno di una terza linea a tre, nel quale può fungere tatticamente da centromediano metodista all'antica o da libero moderno come poteva essere il compianto Scirea, altrimenti è meglio restituirlo alla zona nevralgica, dove in azzurro è spesso un'iraddiddio, visto che la difesa può contare su interpreti testuali del ruolo di sicuro affidamento, dai titolari Barzagli, Bonucci e Chiellini (per quanto quest'ultimo viva sempre sul confine fra pulizia di gioco e fallosità, e non rappresenti pertanto il massimo della sicurezza) agli attuali rincalzi Ogbonna, Astori e Ranocchia. 
Capitolo Verratti, un "beniamino" di questo blog: su Note d'azzurro ne ho sempre sottolineato il talento e l'importanza per il futuro del Club Italia, in qualità di maggiore indiziato a prendere in mano le redini del centrocampo nell'ormai imminente "dopo Pirlo". Con onestà, debbo però sottolineare che finora, con la  maglia della Maggiore, il giovanotto del PSG non ha mai convinto appieno, e quella con l'Argentina è stata forse la sua prova peggiore, soprattutto per timidezza tattica: Montolivo, per dire, pur non brillando ha fatto meglio di lui, con alcuni spunti degni di nota in copertura e in fase di impostazione. Insomma, è vero che Verratti finora di spazi non ne ha avuti moltissimi, ma è anche doveroso attendersi da lui, in questa stagione, una decisa impennata di personalità e di rendimento. Quella che ha già manifestato Insigne, con un atteggiamento propositivo e intraprendente e un gol che ne sintetizza la sua sicurezza da veterano, in uno scampolo di partita che ne ha certificato l'imprescindibilità per la Nazionale di oggi e di domani. 
ANTONELLI DA RIVEDERE - Sul resto, poco da dire: Antonelli è cresciuto strada facendo, sfiorando anche il gol del pari in un finale in cui peraltro tutta la squadra italiana ha preso a girare a ritmi accettabili, ma in precedenza aveva... brillato per scarsa incisività e approssimazione di tocco. Merita comunque un'altra chance. Centrocampo in soggezione costante, e prima linea che dovrà lavorare molto per ovviare alla doppia assenza, a Palermo con la Bulgaria, di Balotelli e Osvaldo: peraltro l'italo - argentino, rientrato come previsto nel giro azzurro (qualcuno aveva sostenuto che la sua esclusione punitiva dalla Confederations Cup ne avrebbe sancito l'addio definitivo al Club Italia), ha fatto molto fumo e poco arrosto, riuscendo raramente a liberarsi per il tiro. Sempre più urgente il recupero psicologico di El Shaarawy, mentre attendiamo da questa annata pre Mundial anche il decollo definitivo di Borini e di Destro e il rilancio in grande stile di Pepito Rossi. La splendida prova di Marchetti, infine, alimenta un interrogativo già più volte posto su queste pagine: perché dare così poco spazio ai "secondi" di Buffon, che avrebbero bisogno di fiducia e di minutaggio internazionale per essere  pronti alla bisogna in caso di malaugurate flessioni o forfait del titolarissimo? 

3 commenti:

  1. ineccepibile Carlo.. ho provato a guardare tutto il match ma sembrava davvero non esserci la giusta cattiveria agonistica, la concentrazione necessaria da parte dei Nostri nell'affrontare un simile probante impegno. L'Argentina,come dici tu, non sarò al top della loro storia, d'altronde fatica enormemente ormai a primeggiare nelle varie competizioni in cui parte sempre da protagonista. Eppure ieri hanno onorato alla grande l'impegno, hanno corso, lottato, ci tenevano a far vedere al proprio allenatore che possono contare su di loro, in vista di un'annata fondamentale. Mi ha impressionato al di là del gol Higuain, credo che ambientamento a parte, il Napoli ci abbia davvero visto giusto nell'individuarlo pedina perfetta per il dopo Cavani. Giocatori estremamente diversi, ma col dna del campione. Higuain viene dal REAL, mica briscoline e seppur in perenne competizione con l'altra stella offensiva BENZEMA (curiosamente il loro score di gol è identico in maglia blanca) e offuscato dal genio di Ronaldo, ha fatto eccome la sua parte alla corte di ogni allenatore susseguitosi a Madrid. Dell'Italia c'è poco da salvare, dici De Rossi ma il continuo saltellare da un reparto all'altro non può certo giovargli, nonostante il suo spessore tecnico e la sua esperienza. MALINO Verratti ma credo sia un discorso psicologico, la maglia azzurra ha il suo valore ma è indubbio che il tempo stringe anche per un ventenne o poco più come lui e quest'anno dovrò ripetersi su buoni livelli a PARIGI e poi ritrovarsi pià pronto con l'Italia

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  2. Ciao Gian, Higuain è un grandissimo acquisto, un suo fallimento a Napoli sarebbe indubbiamente una sorpresa clamorosa, ma non credo possa verificarsi. Sulla carta è persino meglio di Cavani, benché i soliti denigratori del calcio italiano ne abbiano minimizzato l'arrivo sostenendo che non si tratti di un vero top player... Beh, allora diciamo che i top player sono solo Messi, Neymar e Cristiano Ronaldo e chiudiamola lì, ma la realtà è che con Higuain, Tevez e Gomez la Serie A ha trovato tre grossi campioni di statura internazionale e ha incrementato il suo appeal rispetto alle ultime stagioni, contrassegnate dalla fuga all'estero dei migliori.

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  3. d'accordissimo... e prevedo una lotta più severa per la Juve là davanti, nonostante siano ancora per me i favoriti. MI INCURIOSISCE LA FIORENTINA, e occhio al Napoli

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