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domenica 14 febbraio 2016

SANREMO 2016: IL PAGELLONE DEL FESTIVALONE

                             Dolcenera: sua una delle migliori proposte del Festival 2016

Chiudiamo la settimana sanremese, consueto "momento caldo" nella vita di questo blog, con l'inevitabile e temuto (ma va'...) pagellone dei Campioni. L'ordine è quello della classifica ufficiale del Festival, dal primo posto in giù. Prevale una generosità di fondo nelle valutazioni, anche perché il livello complessivo è stato medio, con qualche picco verso l'alto e nessuna caduta a precipizio. 
STADIO - "Un giorno mi dirai": ballad in perfetto "Stadio style". Gli stilemi compositivi della band sono riconoscibilissimi, in una felice "fusion" fra elementi anni Ottanta e Novanta. Poetica ispirata ed emozionante, musica di notevole impatto. VOTO: 7,5. 
FRANCESCA MICHIELIN - "Nessun grado di separazione": l'ascesa continua, per lo scricciolo veneto, con un brano di taglio moderatamente moderno nel tessuto musicale e più marcatamente nel testo, in grado dunque di piacere ai giovani ma anche ad appassionati un po' più attempati. Dovrebbe percorrere un buon tratto di strada fuori dall'Ariston, nelle radio e sul mercato. VOTO: 7. 
GIOVANNI CACCAMO E DEBORAH IURATO - "Via da qui": duetto perfettamente inserito nel solco della tradizione sanremese, ma con un raffinato tocco autoriale grazie a Giuliano Sangiorgi, la cui mano si avverte, pur se non coraggiosa come altre volte. Eccellente l'interpretazione dei due, ma il ragazzo trasmette ancora poco sul piano emotivo; Deborah in questo senso pare più avanti. VOTO: 6,5. 
ENRICO RUGGERI - "Il primo amore non si scorda mai": un felicissimo ritorno a Sanremo per uno dei più prolifici cantautori nella storia della canzone italiana. Brano assai brioso, con qualche spruzzatina di rock, ma che brilla soprattutto per la riscoperta di sound e arrangiamenti prettamente legati al decennio ottantiano, che caratterizzarono la prima fase della carriera di Rouge. VOTO: 7. 
LORENZO FRAGOLA - "Infinite volte": piazzamento superiore al valore effettivo della proposta. Non ha ripetuto il buon esordio del 2015, presentando un pezzo dalla linea melodica un po' datata. Da lui ci aspettiamo ritmi più vivaci e contemporanei, nel solco di "#Fuori c'è il sole", la discreta hit estiva. VOTO:6--. 
PATTY PRAVO - "Cieli immensi": non si è ripetuta la magia di "E dimmi che non vuoi morire" ed era facile prevederlo. La voce ormai è quella che è, la presenza scenica sempre di gran fascino, la canzone tutto sommato gradevole e ben scritta, con struttura "alla vecchia maniera", costruita cioè attorno a un ritornello particolarmente efficace, che però non so quanto potrà lasciare il segno. Il premio della critica era prevedibilissimo, attribuito da un giornalismo specializzato che da decenni stravede per Patty, anche oltre i suoi innegabili meriti VOTO: 6,5. 
CLEMENTINO - "Quando sono lontano": nulla di eccezionale, un rappino all'acqua di rose, moderatamente retorico, il trionfo dei buoni sentimenti; comunque un prodotto accattivante il giusto, e tutto sommato sincero. Il ragazzo ha una maschera d'attore: potrebbe cimentarsi con successo nel teatro. Si tenga aperta questa strada. VOTO: 6. 
NOEMI - "La borsa di una donna": Marco Masini ha fatto centro con un'ispirata composizione, sommessa e poetica, con le solite intuizioni da acuto osservatore della quotidianità e lettore dell'interiorità umana. E' lo stile delle sue opere meno arrabbiate e più riflessive, quelle in cui da una decina d'anni a questa parte dà il meglio. Il tutto impreziosito dalla calda interpretazione della "rossa". VOTO: 7,5. 
ROCCO HUNT - "Wake up": passi avanti notevoli rispetto al vittorioso esordio di due anni fa. Nella canzone ci sono tante cose: il prorompente giovanilismo, la ribellione a istituzioni percepite come lontane, ma anche discreta ricerca musicale, col rap contaminato da quelle sonorità elaborate da Pino Daniele, Tullio De Piscopo e tutta la rivoluzionaria nouvelle vague napoletana di fine Settanta - primi Ottanta. Ritmo trascinante. VOTO: 6/7. 
ARISA - "Guardando il cielo": melodia gradevole nella struttura complessiva, ritornello non di impatto immediato, testo interessante sulla riscoperta di una dimensione più semplice della nostra esistenza, magari legata alla natura ("Se un giorno un'altra vita arriverà, mi sono già promessa di non viverla in città"). Canzone dolce, a tratti malinconica ma anche inneggiante alla speranza, dai toni morbidissimi, sostenuta dalla solita voce senza cedimenti di Rosalba. VOTO: 6,5. 
ANNALISA - "Il diluvio universale": pezzone d'amore di stampo classicheggiante, con possente sostegno orchestrale, un lento con crescendo ed esplosione nel refrain. Poteva essere l'ideale per Sanremo, e invece.... Però è canzone che verrà fuori alla distanza, magari non radiofonica ma che valorizza ulteriormente le doti interpretative della cantante ligure. VOTO: 6,5. 
ELIO E LE STORIE TESE - "Vincere l'odio": senza cadere nel trito ritornello della genialità, mi ripeto sulla stessa linea dei miei articoli sanremesi scritti in settimana. Divertissement puro e riuscito, dissacrante smontaggio dei canoni della canzone leggera: proprio per questo, giusto che non abbiano vinto, come qualcuno ventilava. A Sanremo devono vincere brani pop, melodici o ritmati, contemporanei o più orientati al passato, ma con un doveroso rigore strutturale. Rimane comunque un altro bel saggio della loro inesauribile creatività. VOTO: 7+. 

                                                     Valerio Scanu: promosso

VALERIO SCANU - "Finalmente piove": per me, promosso a pieni voti. Canzone dalla struttura tradizionale, ma con una buona tessitura sonora, un testo non banale e trovate "furbette" come quel "no, tu non hai, tu non hai, tu non hai capito" che si ficcano in testa senza uscire più. Buon lavoro di Fabrizio Moro, valorizzato da uno Scanu sul pezzo. VOTO: 7. 
ALESSIO BERNABEI - "Noi siamo infinito": dance pura, più ottantiana che novantiana, non particolarmente originale, ma che tutto sommato ha una buona forza penetrativa. Cosetta esile, che nel breve può funzionare, ma il ragazzo deve ancora trovare una propria dimensione artistica. VOTO: 6+. 
DOLCENERA - "Ora o mai più (le cose cambiano)": superba, e assicuro che non mi fa velo il fatto di essere un suo estimatore da tempi non sospetti. Come scritto stamane, pezzo troppo lontano dai canoni festivalieri, persino poco "italiano", per essere apprezzato in questa sede: pop, jazz, blues, musica e testo complessi ed elaborati, ormai Emanuela viaggia lontano dagli schemi della facile presa, e corre il rischio di non essere sempre compresa appieno dal pubblico. Ma sarebbe un peccato che un gioiellino simile non rimanesse nella memoria. VOTO: 8. 
IRENE FORNACIARI - "Blu": un altro episodio rimarchevole, nella carriera di un'artista che sta facendo una fatica terribile ad emergere, pur avendo all'attivo, prima di questa, altre canzoni degne di nota. "Blu" è dolente e intensa, lancia un messaggio importante ma senza attingere troppo alla retorica più scontata. Lei canta bene e la sua voce arriva al cuore. Almeno è stata ripescata. VOTO: 7. 


GLI ELIMINATI

ZERO ASSOLUTO - "Di me e di te": nonostante generali bocciature, ho ritrovato su buoni livelli il duo Thomas - Matteo, coi limiti di sempre (la voce, soprattutto) ma anche con gli stessi pregi, quelli di un easy listening al passo coi tempi, ancora fresco e vivace. VOTO: 6/7. 
NEFFA - "Sogni e nostalgia": anche lui ha raccolto meno di quanto meritasse, con il suo brano dalle atmosfere vagamente retrò, con buoni sperimentalismi strumentali. Il suo marchio di fabbrica è ben presente, poi certo ha fatto di meglio, ma questa composizione non è da buttare. 6+
DEAR JACK - "Mezzo respiro": ballata soft in stile anni Novanta, discreta ma non trascendentale. Tutto sommato positivo il debutto del nuovo cantante Leiner Riflessi, che se non altro dà un'identità vocale ben precisa al gruppo. Ma per la giovane band, come per l'ex Bernabei, c'è da lavorare per individuare un percorso ben preciso sul quale insistere. VOTO: 6-. 
BLUVERTIGO - "Semplicemente": un po' i classici Bluvertigo (ho ritrovato persino qualcosa di "L'assenzio", che presentarono a Sanremo 2001, nella costruzione delle strofe), un po' aperture, nel refrain, alla tradizione melodica più schietta. Una commistione che poteva funzionare, ma la voce di Morgan è rimasta in cantina e non ha fatto decollare una canzone di discreta fattura. VOTO: 6+. 

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