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giovedì 9 giugno 2016

VERSO EURO 2016: LO STRANO CASO DELL'ITALIA CON LA PANCHINA A DUE PIAZZE. VENTURA E' UN SALTO NEL BUIO, A MENO CHE...

                                      Ventura: il cittì più "dimesso" della storia azzurra

Un Europeo carico di incognite e di difficoltà alle porte, un Commissario Tecnico già allenatore in pectore del Chelsea e il suo sostituto in azzurro di fatto già nominato (manca solo la presentazione in pompa magna, che avverrà in occasione del Consiglio federale di luglio). Sarò ripetitivo, ma non si sottolineerà mai abbastanza come, per il Club Italia, questa sia una situazione del tutto inedita e straniante. La nostra rappresentativa ha affrontato ogni grande appuntamento internazionale con il trainer di turno saldamente in sella, e le scelte sulle successive guide tecniche son sempre avvenute, ufficialmente, a giochi fatti, a tornei conclusi, a trionfi o, più spesso, fallimenti compiuti. Abbiamo dunque, in questa vigilia di Euro 2016, quasi una panchina a due piazze, un caso talmente unico e bizzarro che potrebbe addirittura fungere da stimolo e volano per le nostre ambizioni. Altrimenti, non ci resterebbe che aggrapparci alle pallide speranze suscitate dall'ultimo provino veronese con la Finlandia, un galoppo appena dignitoso esaltato oltre ogni pudore da una stampa che sembra aver definitivamente smarrito qualsivoglia senso critico. 
PIU' FUMO CHE ARROSTO A VERONA - Per carità, non è stata una prestazione da dimenticare, ma mi ha trasmesso la sensazione del "tanto fumo e poco arrosto": cioè buonissima volontà, gran movimento dalla trequarti in avanti, ma, al tirar delle somme, a parte i due gol (Candreva su rigore e De Rossi) quante volte si è concluso pericolosamente verso la porta avversaria? Per tacer dell'esasperante lentezza in fase di impostazione, zavorra inevitabile del resto, per chi ancora decide di affidarsi, nella zona nevralgica, a un Thiago Motta in riserva di energie fisiche e mentali. Troppe incognite, troppe scommesse davvero, in questa Azzurra che pure non sarebbe affatto da buttare: bisogna sperare che l'italo - brasiliano del PSG recuperi brillantezza atletica, che Eder torni l'inesorabile cecchino della prima parte di stagione, che Zaza, oltre a correre e fare "caos organizzato" in prima linea, impari finalmente a inquadrare il bersaglio con continuità, che Immobile si ricordi di essere stato "pichichi" in Serie A, nel 2014... Siamo nelle condizioni di permetterceli, tutti questi azzardi? Ho già scritto negli ultimi post delle certezze a cui invece possiamo aggrapparci, e non posso che ribadirle: i magnifici quattro della difesa juventina, che Iddio ce li conservi sani, e la batteria di incursori laterali, il rivitalizzato Candreva visto al Bentegodi e soprattutto i furetti Insigne ed El Shaarawy che potrebbero portare imprevedibilità e quel pizzico di lucida follia, più che mai fondamentale per provare a superare i nostri attuali limiti di produttività offensiva. 
VENTURA: SCELTA DI BASSO PROFILO - Dopodiché, in questo assurdo limbo in cui si è cacciato il Club Italia, mentre il Belgio delle stelle già si staglia all'orizzonte c'è un ingombrante "convitato di pietra" a incombere sull'imperturbabile Conte: il nuovo cittì Giampiero Ventura. Oddio, ingombrante neanche tanto, a ben vedere: si stratta forse della scelta più di basso profilo mai compiuta dalla nostra Federazione, in materia di selezionatori della massima rappresentativa. L'unico precedente in qualche misura paragonabile è quello, ebbene sì, di Enzo Bearzot, che arrivò sulla panchina più importante con un curriculum scarno, quasi inesistente come allenatore di club, diciamo pure peggiore di quello dell'ex coach granata. Il grande Vecio, peraltro, una volta entrato nei ranghi azzurri incrementò in pochi anni il suo bagaglio di cultura calcistica, girando per il mondo, osservando e studiando squadre, atleti, metodi di preparazione, diventando uno dei trainer più preparati del globo, come tutta la stampa estera gli riconosceva, mentre in Italia veniva trattato a pesci in faccia, quasi come un minus habens (ah, il grande giornalismo di casa nostra...). 
CURRICULUM INQUIETANTE - I paragoni, peraltro, si fermano qui. Bearzot giunse a guidare l'Italia attorno ai cinquant'anni, il trainer di Genova Cornigliano va per i settanta e sciorina un "albo d'oro" che desta non poca inquietudine. Esperienza internazionale al di sotto del minimo sindacale (poco da segnalare, al di là di una storica vittoria a Bilbao in Europa League col suo Toro), e, fra i patrii confini, buone prestazioni con squadre medio piccole, promozioni in A con Lecce e Cagliari (che peraltro si perdono nella notte dei tempi, risalendo all'ultima decade del secolo scorso), ma anche un ritorno nella massima serie fallito clamorosamente alla guida della corazzata Sampdoria nel torneo cadetto 1999/2000. A seguire, il bel Bari di Ranocchia e Bonucci del 2009/10 e l'ultimo lustro a Torino, con piazzamenti onorevolissimi ma non esaltanti, a parte la qualificazione europea del 2014 (giunta però anche grazie ai gravissimi problemi del Parma, che lo aveva preceduto in classifica), e però, soprattutto, un buon lavoro come talent scout: il rilancio di un Cerci che pareva bruciato, un Immobile elevato in vetta alla classifica dei cannonieri, la scoperta di Darmian e il lancio coraggioso di tanti giovani nostrani altrimenti destinati a intristirsi nelle serie inferiori o, nella migliore delle ipotesi, a fare tribuna o panchina nei grandi club: Baselli, Benassi, Zappacosta, tutti in rampa di lancio azzurra. 
FINALMENTE LINEA VERDE? - Ecco, la speranza è che questa scelta così minimalista sia proprio legata al particolare feeling di Ventura con la linea verde: uno dei pochi allenatori di Serie A a puntare ancora sul "prodotto italiano", meglio se di fresco conio. Il nostro movimento calcistico ha un disperato bisogno di ridare spazio e fiducia ai ragazzi emergenti, altrimenti rischia di bruciare un'intera generazione di calciatori potenzialmente validissimi (perché non è vero, non ancora perlomeno, che sulla Penisola di buoni pedatori non ne nascano più). Certo. bisognava pensarci ben prima: negli ultimi quattro anni il calendario internazionale, gli avversari nelle qualificazioni mondiali ed europee avrebbero consentito ampi spazi di sperimentazione a Prandelli e Conte, i quali, dopo gli inizi spavaldi, sono rientrati nei ranghi mettendo da parte il coraggio nelle convocazioni. Ventura, invece, da settembre si troverà di fronte a un'impresa titanica: contendere l'accesso a Russia 2018 alla Spagna (spareggi di salvataggio a parte). Eppure non ha alternative, se non quella di spremere fino all'inverosimile determinati veterani (ma, Buffon a parte, chi fra i vari Barzagli, De Rossi, Motta e compagnia potrà reggere dopo l'avventura in Francia?) e imbottire la selezione di nuovi oriundi, Dio ce ne scampi, e comunque sono discretamente sicuro che non accadrà. 
VENTURA COME FUFFO? - Ecco allora un altro paragone solo all'apparenza irriverente: Ventura potrebbe essere il Fulvio Bernardini del 21esimo secolo. Coach ormai in età avanzata ma ancora vispo, brillante, lucido, scritturato per fare piazza pulita dei colossi del passato e per portare una ventata d'aria fresca, come fece il mitico Fuffo allorché, dopo il Mondiale del 1974, si incaricò di congedare i mostri sacri di Mexico '70, i Mazzola e i Rivera, i Burgnich e i Riva, lanciando, in collaborazione con Bearzot, i vari Gentile, Tardelli, Scirea, Antognoni, Bettega, Rocca, Sala, Pecci, Zaccarelli, Graziani, gente che avrebbe segnato un'epoca del pallone tricolore. Oggi, forse, certi fenomeni non li abbiamo più, ma se a Rugani, Romagnoli, Baselli, Benassi, Sturaro, Bernardeschi, Belotti non diamo qualche chance, non consentiamo loro di accumulare minutaggio, di sbagliare e di imparare dai loro errori, di migliorare giocando, non sapremo mai se possono essere fenomeni, campioni o solo normali atleti di medio livello. Ventura potrebbe aiutarci a capirlo. 

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