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venerdì 7 ottobre 2016

ITALIA - SPAGNA? UN QUASI - DISASTRO TARGATO VENTURA. DUE PUNTI PERSI VERSO RUSSIA 2018

                                                Belotti: ottimo impatto sul match

Il commovente arrembaggio finale, con gli azzurri all'inseguimento di un'improbabile e immeritata vittoria, non può e non deve farci dimenticare le brutture a cui siamo stati costretti ad assistere per una settantina di minuti. Quello contro la Spagna era il primo impegno chiave nella corsa al Mondiale 2018, la sfida coi  rivali diretti per il primato, ed è stato gestito in maniera fallimentare in fase di progettazione "ambientale", mentale, tattica e tecnica. Una gara nata male fin dalla vigilia, una vigilia incredibilmente asettica e priva di pathos, senza l'atmosfera del "big event": molti sembrano aver dimenticato che andrà in Russia solo la vincente del raggruppamento, mentre per la seconda si aprirà un futuro carico di incognite, con uno spareggio nemmeno garantito in partenza (accedono ai playoff solo le otto migliori "medaglie d'argento" dei vari gironi europei). 
CENTROCAMPO SBAGLIATO - Così, il Club Italia è arrivato, mi è parso, psicologicamente scarico all'appuntamento torinese. La preparazione del match sul campo ha fatto il resto. E' emerso nitidamente, per la prima volta e proprio nell'occasione più importante, ciò che in molti (me compreso) temevano quando ancora l'avvicendamento fra Conte e Ventura non era stato ufficializzato: la mancanza di esperienza agli altissimi livelli del trainer, il quale ha sbagliato formazione iniziale in maniera talmente clamorosa che, fin dai primi minuti dell'incontro, è stato fin troppo facile intuire dove si sarebbe andati a parare. Incredibile che, nell'autunno 2016 e al cospetto delle ringalluzzite Furie Rosse, si scenda in campo con un centrocampo imperniato su Montolivo e De Rossi, elementi che ormai da tempo hanno smarrito (principalmente per usura fisica) lo spessore internazionale di cui, invece, la nostra rappresentativa ha disperatamente bisogno. Con un reparto nevralgico di cartavelina, il pallino del gioco è stato sollecitamente conquistato dagli iberici, che l'han tenuto quasi fino alla fine. 
PIU' DEMERITI AZZURRI CHE MERITI SPAGNOLI - Sì, d'accordo: la solita squisita perizia di Iniesta e compagni nel tocco di palla, la stordente ragnatela di passaggi e quelle verticalizzazioni fulminee, e soprattutto una condizione atletica scintillante, da cui è scaturito un pressing portato altissimo, continuo e martellante. Ma un'Italia più fresca (possibile che ad ottobre si sia ancora parzialmente imballati?), più "sul pezzo" mentalmente e meglio organizzata sul terreno di gioco avrebbe trovato le contromisure quantomeno per allentare la morsa e proporsi al contrattacco con più continuità. Nessuno chiedeva un bis testuale dell'impresa di Saint Denis a Euro 2016, ma quella gara aveva dimostrato che è nelle nostre potenzialità esprimerci all'altezza della Roja e forse anche meglio, se i giocatori vengono messi nelle condizioni adatte. 
SMARRITO LO SPIRITO DI CONTE - Da questo punto di vista, il confronto col recente passato proposto ieri dallo Juventus Stadium è stato più che avvilente. Lo spirito, la personalità, l'ordine tattico e l'aggressività di marca contiana sono evaporate in un atteggiamento remissivo che nemmeno può essere definito difensivista (il difensivismo, se applicato in maniera raffinata e non portato all'esasperazione, è una scelta strategica che ha una sua dignità). E' stata semplicemente una resa anticipata, un attestarsi in trincea sperando di mantenere la porta inviolata e azzeccare la giocata singola o il contropiede vincente, come nella peggior tradizione italica i cui esempi in azzurro, fortunatamente, negli ultimi lustri si sono estremamente rarefatti. 
Squadra letteralmente spezzata in due, come si dice in questi casi: otto giocatori appiattiti ai margini della nostra area e le due punte isolate e sperdute in avanti, semplicemente perché in mezzo nessuno era in grado di abbozzare la costruzione di qualcosa che somigliasse vagamente a una manovra d'attacco. Gli azzurri hanno creato la prima palla gol (colpo di testa di Pellè e mancata deviazione sotto misura di Parolo) dopo circa un'ora di gioco, e solo dopo che uno svarione di Buffon in uscita aveva consentito a Vitolo di appoggiare con tranquillità in rete il pallone di un vantaggio meritatissimo: al di là del forcing insistito, gli uomini di Lopetegui avevano già sfiorato il bersaglio almeno tre volte nella prima frazione, due con Piquè di testa e una con Iniesta dopo uno strepitoso assolo palla al piede. 
LINFA VERDE, OSSIGENO PER L'ITALIA - Ancora Vitolo falliva clamorosamente il bis a tu per tu con il nostro numero uno, e lì finiva fortunatamente la partita spagnola in chiave offensiva, un po' per naturale esaurimento di energie e fiato, un po' perché Ventura poneva parzialmente rimedio ai suoi errori mettendo dentro la linfa verde di Belotti e Immobile, che mettevano a ferro e fuoco centrocampo e terza linea avversarie. Il laziale mancava la deviazione vincente da pochi  passi, poi Eder, liberato da un tocco del centravanti torinista, veniva agganciato da Sergio Ramos per un rigore nitido fischiato fra qualche incertezza dal deludente arbitro Brych: lo trasformava in scioltezza De Rossi, ciò che permetteva di salvare il risultato ma non di raddrizzare l'assoluta inconsistenza della prestazione del romanista. E poco dopo, su sinistro angolato di Immobile era Florenzi a non trovare l'impatto decisivo nell'area piccola, ma sarebbe stata troppa grazia. 
NON SI PUO' PIU' FALLIRE - La sostanza è che l'Azzurra ha perso due punti fondamentali nella corsa verso il torneo iridato. Fermo restando che bisognerà fare risultato al ritorno in Spagna, ora occorre non fallire nemmeno uno degli appuntamenti sulla carta più abbordabili, a cominciare da quello di domenica in Macedonia. Da perfetti italiani, ci siamo dunque messi immediatamente nella situazione psicologica peggiore, pur avendo dalla nostra il fattore campo e il freschissimo precedente dello strameritato trionfo in terra francese. La speranza è che i rari bagliori di gioco visti nel finale, e dovuti unicamente ai cambi operati, rimettano il cittì sulla retta via. Belotti e Immobile, nelle attuali condizioni di forma, devono trovare più spazio, anche se rimane la sensazione, netta, che il problema allo Stadium sia stato ben altro, e che, ad esempio, anche i titolari di partenza Pellè ed Eder avrebbero potuto far meglio se adeguatamente assistiti. 
SENZA VERRATTI NON E' ITALIA - Verratti fuori è inconcepibile, e parlare di alternanza di uomini per i due impegni ravvicinati è giustificazione che non regge, perché contro i migliori devono giocare i migliori; lo stesso Bonaventura ha dato qualcosa in più dello spaesato Montolivo, anche se il suo contributo non è stato eccelso (ma il buon Jack si è trovato catapultato in un reparto di mezzo già raso al suolo dai primi venti minuti di dominio assoluto degli ospiti). E rimane ancora "congelato" o contingentato il ricorso a quella batteria di esterni, trequartisti ed incursori, i vari Berardi, Bernardeschi, Insigne, El Shaarawy e Candreva, che potrebbero fare la fortuna di questa squadra. Oltre ai subentrati, da salvare stasera solo un Barzagli con le stimmate del leader arretrato e un Romagnoli che ha bagnato la prima azzurra con una prestazione senza fronzoli, tutta sicurezza e tempismo. Troppo poco per poter ambire alla qualificazione diretta. 

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